Si è conclusa con successo la mostra “FOTOGRAMMI” organizzata nell’ambito della 50esima edizione del Fotogramma d’Oro Short Film Festival 2018

 

Pieghevole Esterno (titolo)

“FOTOGRAMMI – Mostra pittorica e grafica ispirata a locandine di film”, allestita all’interno del Cinema Multisala Apollo di Messina, si è conclusa lo scorso 14 giugno. Inaugurata giorno 11 maggio, poco prima dell’inizio della 50esima edizione del Fotogramma d’Oro Short Film Festival, è stata vista ed apprezzata da numerosissimi visitatori che hanno gradito l’iniziativa ideata dal pittore Piero Serboli per la sua originalità e per la qualità delle opere esposte.

Inaugurazione 1

Alla mostra hanno aderito numerosi artisti tra pittori e grafici con opere inedite, frutto della loro fantasia ed ispirazione (sopra la foto di una delle bacheche allestite all’interno della mostra).
Hanno partecipato gli artisti Lelio Bonaccorso, Mamy Costa, Franco Currò, Ilenia Delfino, Alessandro Faccini, Nello Fatato, Francesca Fulci, Maurizio Gemelli, Antonio Giocondo, Alessandra Lanese, Antonella Mangano, Mantilla, Josè Martino, Claudio Militti, Filippo Minolfi, Riccardo Orlando, Mimma Oteri, Paolo Piccione, Stellario Picichè, Fabio Pilato, Giuseppe Pittaccio, Laura Pittaccio, Alessandro Samiani, Alfredo Santoro, Gianluca Scalone, Demetrio Scopelliti, Margherita Serboli, Togo, Valeria Trimboli ed Aurelio Valentini.
Gli Artisti hanno proposto su una tela di formato 70×33, di misura uguale a quella delle vecchie locandine che erano affisse in città, un’interpretazione personale di un film a loro scelta, l’artista del ferro Fabio Pilato, invece, ha realizzato un’istallazione intitolata “riTroisi” con la miniatura della sua scultura “L’ombra del postino” dedicata a Massimo Troisi (nella foto sotto la visita di una scolaresca).

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Ecco la presentazione della mostra curata dalla prof.ssa Anna Maimone.

“Con un solo sguardo manifesti e locandine conducono all’essenza di un film, ai suoi toni e alle sue atmosfere spesso molto più di quella che, comunemente chiamata sinossi, trasmette, con parole, la struttura narrativa di una pellicola.
Nella storia del cinema, sin dagli albori, a compiere questa sintesi sono stati grandi pittori, i pittori del cinema disegnato che hanno ulteriormente arricchito il rapporto di reciprocità fondativo del legame tra cinema e arti visive influenzando tanta pittura del Novecento. Sono i pittori di un tempo in cui l’arte si è fatta esplicitamente strumento pubblicitario. In particolare il committente era l’industria della distribuzione e destinatario il grande pubblico, l’uomo della strada, fruitore di un’arte che nasce popolare e, insieme alla fotografia, stravolge l’universo delle arti visive.
Furono artisti, ora pienamente riconosciuti come tali, ad accompagnare con le loro immagini i titoli delle pellicole e i nomi degli attori sulle strade e sulle piazze e a dare, con la loro opera, piena dignità alla cartellonistica pubblicitaria.
In Italia, dopo i primi suggestivi esordi in particolare con la locandina realizzata da Leopoldo Metlicovitz per Cabiria, la vicenda del manifesto pubblicitario si svolge a partire dagli anni Venti ed ha in quella fase come autore più significativo Anselmo Ballester, prosegue nel dopoguerra con maestri come Ercole Brini e Silvano Campeggi, per esaurirsi negli anni 70 con la crisi del cinema, l’uso del trailer e il prevalere, nella creazione delle locandine, prima del mezzo fotografico e poi di quello digitale.
Si passa da un’immagine che deve conquistare con l’illustrazione, destinata ad un pubblico popolare da colpire nella sua inclinazione al sentimentale e all’avventuroso, ad un’immagine sofisticata prevalentemente evocativa prodotta nei laboratori digitali connessi con il mondo. Crisi a parte, il cinema del presente, come quello del passato continua a toccare nel profondo il nostro immaginario e non è un caso che all’invito del Fotogramma d’oro abbiano risposto con entusiasmo pittori e grafici, autori di diverse generazioni, padri e figli.
Certo queste locandine non hanno alcuna funzione conativa: non debbono convincere nessuno ad andare a vedere questo o quel film. La loro creazione si aggira tra funzione emotiva e funzione poetica e per questo più arduo mi sembra sia risultato il compito dei grafici.
L’idea di cimentarsi liberamente come disegnatori di sogni ha portato i nostri artisti a ripensare la sconvolgente attualità di tanto cinema divenuto classico e se la ricerca dell’impatto emozionale ha spesso indotto a privilegiare l’incubo dell’horror non mancano autori che si sono messi alla prova con la leggerezza dell’ironia e dell’onirico.
Gioca con l’ironia Togo quando rivisita la locandina di Colazione da Tiffany introducendo un suo pacioso autoritratto con la pipa al posto della seducente immagine di Audrey Hepburn con tubino nero guanti e bocchino.
Santoro punta invece sul tema cinematografico della potenza dello sguardo con una luna che contiene l’occhio (ET) per fermare la scena del volo in bicicletta, tra le più magiche nella storia del cinema.
Dalla visione di insieme di tutte queste immagini sono stata portata a pensare che in questa occasione i pittori, non sempre con uguale consapevolezza, si siano messi a nudo due volte: prima individuando il film su cui si volevano esprimere, poi nella rilettura del film stesso.
Così Mantilla ispirandosi a Il settimo sigillo ci propone una partita a scacchi con la morte che nei suoi sfumati contorni risulta più che mai metafora delle nostre incerte e inquiete esistenze, mentre Filippo Minolfi nel proporci il parallelepipedo illuminato di Odissea nello spazio conferma con chiarezza la sua linea di ricerca metafisica e sottolinea la lettura a livello profondo di un film sul mistero dell’universo.
Anche Nello Fatato nello scegliere Zabriskie point di Antonioni punta sull’astrazione di una tematica esistenziale che si risolve nel conflitto Eros e Thanatos. Qui come nelle due locandine ispirate a Psyco (Josè Martino e Franco Currò) siamo nell’ambito di una pittura che scandaglia il profondo dell’animo e trova nel cinema la sua sponda. Riprendendo la scena della doccia i due autori fanno riferimento al conflitto psicotico dell’assassino ed in particolare Martino con lo svelamento anticipato sul coltello della figura del maschio uccisore, conferisce alla vicenda i connotati di un femminicidio contemporaneo.
Non diverso, al di là degli esiti formali, in alcuni casi più espressionisti (Gli uccelli di Hitchkoch ripresi da Giuseppe Pittaccio), in altri più astratti (Profondo rosso di Mamy Costa) è l’atteggiamento interiore di questi artisti che si interrogano sugli aspetti più inquietanti della condizione umana (L’Arancia meccanica riproposto da Alessandro Samiani e da Lelio Bonaccorso, Vertigo riproposto da Mimma Oteri che ferma due figure allacciate al centro della spirale). Su questa linea credo vada considerato anche il lavoro di Militti che ripropone IT, il personaggio del clown Pennywise, demoniaco tormentatore di bambini. Ad altre inquietudini rimanda la Lolita di Ilenia Delfino come anche la locandina di Aurelio Valentini su Cento giorni a Palermo. Meno esplicito risulta il senso di Jaws di Antonio Giocondo in cui lo squalo, protagonista di un film famoso per l’azione, diventato metafora sembra navigare senza disturbare ed essere disturbato.
Alle prese con una storia romantico sentimentale, da un racconto di Turgenev, Demetrio Scopelliti evocando le Acque di primavera ritorna al passato facendo rivivere i colori di una stessa stagione in epoche tra loro molto distanti, mentre Paolo Piccione con Vanilla Sky si cimenta nella resa della difficile sospensione tra vita e sogno, vita e morte.
Allusivo con due rettangoli legati verticalmente da una fettuccia rimane I duellanti di Stellario Piciché che rimanda velatamente all’eterno conflitto tra classi e generazioni.
Con le ciminiere fumanti di Viaggio a Tokyo segno del processo di occidentalizzazione del Giappone Alessandra Lanese si riallaccia ad un autore particolarmente attento al fluire delle cose e del tempo forse senza sperare, come sperava Yasujro Ozu, di poter recuperare l’armonia perduta.
Nella scelta di riprendere il tema di Il senso di Smilla per la neve da parte di Riccardo Orlando ritroviamo la sua attitudine metafisica ad indagare gli spazi chiari entro cui solitamente circoscrive figure piene e definite e qui lo conduce, seguendo le tracce, alla soglia del dubbio, di fronte agli interrogativi di una missione segreta.
Nel riproporre il pasoliniano Uccellacci e uccellini Gemelli sembra invece volersi rifare ad un momento particolarmente felice del cinema italiano rendendo, con i ritratti, un caldo omaggio a Totò e Ninetto Davoli.
Assolutamente diversa si è rivelata la ricerca dei giovani grafici che si sono avvicinati all’esperimento e hanno pensato alla locandina con altro spirito. Anche se suggerite da un pretesto le loro sono autentiche locandine pubblicitarie che invitano a vedere il film con i suoi attori e le sue attrattive. Tale è Solaris di Margherita Serboli che ci racconta del film di Tarkosky con una figura di spalle e la sua creatura speciale, ospite della testa, con tratti e colori da fumetto.
Il discorso vale anche per Borotalco di Valeria Trimboli e, in parte per Colazione da Tyffani di Antonella Mangano, Arancia meccanica di Lelio Bonaccorso e La grande bellezza ripreso da Gianluca Scalone. Tutti questi autori simpatizzano con il linguaggio della commedia che sembra elettrizzarsi nei bozzetti di Laura Pittaccio (Al di là dei sogni) e Francesca Fulci (Perfetti sconosciuti) in cui volti e figure prendono vita sulla carta.
In una posizione intermedia mi sembra si ponga la locandina di Faccini e Serboli che scrivono il titolo dell’Oscuro oggetto del desiderio con caratteri impositivi tra cui si intravvede il mitico oggetto, una figura femminile appena accennata ridefinita da un ombelico-obiettivo.
Ad accompagnarci lungo il percorso interviene la sagoma de Il postino con la sua bicicletta, una sagoma in ferro, delicato omaggio di Fabio Pilato a Massimo Troisi.
Il tutto è un pregevole omaggio al cinema con esplicito riferimento anche alle 30 sale che, attive a Messina nel passato, sono qui ricordate con i nomi riportati sulle testate che accolgono le singole locandine”.

Alcune opere sono ancora esposte presso l’Area espositiva del Cinema Multisala Apollo.

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